La distanza di un abbraccio di Daniel Capurro
“Dobbiamo vivere insieme, o moriremo soli”
Benjamin Franklin
Un uomo, camminando, percorre circa 6 km in un’ora… a me ormai ci vogliono 6 ore per un km!
Perché?
A causa dell’evento di cui ormai tutto il mondo sembra avere notizia: mi sono riprodotto!
Ed è assolutamente impressionante quanta gente -principalmente perfetti sconosciuti!- mi fermi per strada, mi chieda -sempre rigorosamente ed esclusivamente in “lingua”- “Ma ti t’è l’òm ad la Mara?” e poi si profonda in congratulazioni e lodi sperticate per un bambino che NON PUO’ IN ALCUN MODO aver visto… potenza della voce del popolo…
Ma comunque…
Ho procreato, dicevo -e sono certo che alcuni affezionati lettori di questa pubblicazione fra sé e sé diranno “ma uno così non era già fin che mai?”- e proprio ora sto scrivendo queste parole con mio figlio in braccio, cercando di regalare qualche ora di prezioso sonno a mia moglie (e sono certo che chi ha già un erede mi capisca perfettamente…).
E contemplandolo come se fosse l’opera d’arte più meravigliosa al mondo non posso fare a meno di chiedermi: che sarà di te, figlio mio? Quale mondo, quale futuro, quale vita ti aspettano?
Vi confesso che la risposta a queste domande mi spaventa.
Guardo con ansia a quello che i giovani stanno diventando: e cioè delle creature incerte, incorporee, inconsistenti, incapaci di stabilire un contatto concreto con il mondo che li circonda.
Ho 31 anni -15 anni fa avrei pensato “già 31 anni”, ora mi viene da dire “ho solo…”- ma mi sembra di parlare come un vecchio.
Eppure…
Eppure io mi ricordo com’era, da ragazzini, passare i pomeriggi con gli amici a sparare cazzate, a bere birra comprata di nascosto dal più grande o dal più scafato, a lumare le ragazze e cercare di sedercisi vicino che magari ci scappava un abbraccio o una toccata di culo o magari addirittura una limonata…
E mi ricordo quanto tutto questo fosse -oltre che tremendamente frustrante per me, che ero e sono rimasto uno sfigato, e quindi di limonate ne ho imbroccate ben poche…- assolutamente, magnificamente, totalmente indispensabile…
Ma oggi un 15enne cos’ha di indispensabile?
Il cellulare. Il PC. Facebook.
Oggi ci si parla coi sms, ci si vede con il videofonino, ci si dà appuntamento in chat.
Ma dov’è il contatto in tutto ciò?
Come si fa ad esplorarsi, ad annusarsi, a viversi sullo schermo di un computer?
E che genere di profondità può raggiungere un rapporto che si nutre di parole e distanze e solitudini che s’incontrano, e che non ha bisogno di uno sguardo, di un odore, di un contatto?
Io non penso di essere un retrogrado reazionario, apprezzo la tecnologia e i giovamenti che da essa possono derivare, e trovo giusto e naturale che le nuove generazioni possano beneficiare nel migliore dei modi di tutto quanto possa agevolare la loro vita.
Ma mi preoccupa e disgusta il modo in cui il mondo sta consentendo a tutto ciò di prendere il sopravvento.
Io non so che sarà di mio figlio.
Non so se potrò far qualcosa per lui, se riuscirò a lasciargli qualcosa che lo possa aiutare nella sua vita. Ma lo spero.
Spero che abbia cuore, e cervello, e coraggio.
E spero che si accorga da solo che la distanza di un abbraccio è tutta la lontananza che un uomo può sopportare.