A Silvio
Silvio, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita iniziale
Quando il contante fluiva
Nei conti tuoi cifrati e inavvertiti
E tu, lieto e colluso, dal limitare
Di legalità uscivi?
T’amavan l’elvetiche
Banche, e i tuoi seguaci attorno,
Pel tuo perpetuo versamento,
Allor che all’opre televisive intento
Svelavi assai contento al Gran Maestro
Di quel chiaro avvenir che in mente avevi.
Eran gli anni Ottanta: e tu solevi
Sì il governo comperare.
Gli studi leggiadri legali
Talor lasciando con le mazzette adatte
Che nella repubblica prima
Con grand’arte si spandean lievi
E dai cassetti del paterno banco
Porgean gli assegni al suon della tua voce
Alla laida man veloce
Che li infilava nella capiente tela.
Miravi all’etere intero,
Alle ville dorate come i tuoi corrotti,
E quinci al Governo da lungi, e quindi al Colle.
Lingua mortal non dice
Come fondasti l’ impero.
Che stallieri trovavi,
Che alleanze ai tuoi albori, o Silvio reo!
Quale allor t’appari’a distante
La ventura di essere imputato!
Quando ti sovvien di cotanta speme
Un affetto ti prende
Furioso e spudorato
E ti preme d’abolir Magistratura.
O Procura, o Procura!
Perché non lasci poi
Ch’ella faccia ciò che deve?
Perché cotanto impegni
I fidi togati tuoi?
Tu pria ch’egli inaridisse i cerebri
Da tutti incoraggiata e spinta,
T’illudevi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli schermi suoi,
Aggredirti al core.
Le dolci lodi del padan cialtrone
E dei fascisti nostalgici e corrivi;
Ne’ teco i Compagni un di’ più vivi,
Ragionavan d’amore.
Cupo vedo perir fra poco
La libertà ch’e’ dolce. Pochi anni e poi,
Negheranno i suoi la democrazia.
Ahi come, come passata sei,
Cara compagna dell’Italia mia,
Ora illacrimata speme!
Questo e’ quel mondo? Questi
Gl’impegni promessi ai dementi,
Onde firmasti un contratto d’assieme?
Questa la sorte delle italiche genti?
All’apparir del vero
Caddero tutt’i pretesti; mentre
Con Mafia, Lega e Fascio in mano
L’Italia intera in una tomba ignuda
Porterai sì lontano.